Perché ogni giorno quando vai a comprare il giornale o quando vai a comprare un semplice biglietto del tram dai per scontato che ci sia una figura commerciale, definita “edicolante”, pronta ad offrirti quell’ oggetto che viene teorizzato come l’essenza della libertà di stampa e dell’informazione ma che in realtà, a livello istituzionale, non frega proprio a nessuno.
Il lettore è abituato a trovarlo. Lo vuole, lo esige, lo pretende e lo vive come un diritto e sarà pronto a abbandonarti per un abbonamento. Si arrabbierà se per un improvviso malore l’edicolante sotto casa dovesse mai chiudere costringendolo a fare altri 200 metri per trovare un'altra edicola. Nella realtà però al cliente non gli interessa cosa c’è dietro e tanto meno è interessato sapere che il nostro settore sta vivendo il suo crepuscolo.
Nell’assoluto silenzio di tutti coloro che sono pronti ad ergersi a difensori della libertà di stampa e che quotidianamente rivendicano il diritto ad essere finanziati per idee che nessuno acquista e che a pochissimi interessano. Per assurdo i nostri più accesi e attivi censori sono proprio gli editori e i giornalisti.
Siamo stati una categoria redditizia ma con immani sacrifici. Ora siamo un settore in profonda crisi e lavoriamo ancora di più. Siamo nel bene e nel male coloro che hanno garantito la libertà di stampa e la parità di trattamento dall’immediato dopo guerra ad oggi. Tutelati da delle leggi ma con un prezzo salatissimo da pagare. La morte imprenditoriale. Nessuna possibilità di scelta del prodotto, ne dei quantitativi come dei titoli, aggio imposto prezzo imposto. Il franchising più esteso a livello europeo con il 100% de costi a carico dell’esercente.
Oggi la legge non è chiara. Si capisce poco è contorta e confusa. Si vede che è nata da gente che non conosce il settore e che ascolta troppe voci discordanti e soprattutto che non sa prendere una decisione. Gli editori con la FIEG invece non esistono. Non intendono scrivere nuove regole e nemmeno ne vogliono parlare. Troppo occupati a tenersi attaccati alle poltrone. Il Corrierone vende la sede, la Mondadori non riesce a pagare l’affitto e la nostra controparte storica sonnecchia da qualche parte. La distribuzione implode sotto i costi di gestione e si inventa ogni stratagemma per stare in piede. C’è chi chiede i soldi all’edicolante, chi se li prende senza chiederli e chi farà il buco ad M-Dis e Press-di con il beneplacito dei top manager.
Sta nascendo un nuovo modo di vendere informazione. All’insegna dell’anarchia e del “si salvi chi può”. Per questo facciamo sciopero per dare una sveglia a quei pochi che vogliono costruire qualcosa, e saranno proprio coloro che venderanno informazione anche nei prossimi anni, non con regole di FIEG o norme nazionali ma con le uniche regole che contano, quelle di mercato.
A.R.
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