16 gennaio 2012

Cosa vuol dire “Liberalizzazione”? Parliamone!

La proclamazione delle giornate di sciopero del 27, 28 e 29 dicembre 2011 ha avuto un riscontro tutt’altro che uniforme sul territorio di Milano e Provincia.
Abbiamo assistito a Comuni interi, dove i rivenditori si sono accordati per chiudere in maniera compatta per un solo giorno,

altri che non avrebbero chiuso affatto per paura dell’accantonamento e non per la natura in sé dello sciopero che anzi era condiviso, altri invece non concordavano perché non motivato secondo le proprie sensazioni e poi ci sono stati quelli che volevano approfittare per farsi qualche giorno di vacanza e avrebbero chiuso in ogni caso.

Particolare motivo di soddisfazione è stato il fatto che molti rivenditori si sono occupati di contattare i vicini (colleghi non concorrenti!) per discutere il problema e concordare quello che sarebbe stato il comportamento migliore, ovvero mandare il giusto segnale al cittadino, agli Editori ed al Governo. Si sono quindi ottenuti risultati importanti e stimolanti, in quanto intere zone avevano concordato chiusure dopo essersi spontaneamente confrontati su un tema così importante. Addirittura a Monza, essendo già stata messa in moto una certa organizzazione, il presidente Carlo Monguzzi ed il suo Consiglio Circondariale, hanno voluto proseguire ugualmente, non con una chiusura, ma allestendo un gazebo nel centro della città per informare il cittadino delle difficoltà che la rete di vendita affronta quotidianamente.
Il maggior problema emerso è che il rivenditore opera sulla base di ciò che fa il suo vicino/collega e sulle necessità effettive della propria rivendita e della categoria.

Una sensazione spiacevole e comune a molti ma assolutamente errata, è che il nostro settore sia già liberalizzato. Questo non è assolutamente vero. Oggi il cittadino per poter vendere prodotto quotidiano e periodico deve sottostare a determinati parametri di carattere Regionale e Nazionale che inibiscono in maniera drastica le nuove attivazioni. Non facciamoci quindi distrarre se hanno aperto alcuni punti vendita della Grande Distribuzione o alcuni tabaccai, perché i dati di attivazione e la durata di coloro che fanno richiesta è stata, fino ad ora, totalmente in nostro favore. La maggior parte delle rivendite non esclusive ha rinunciato a questa opportunità in quanto risulta marginale rispetto al loro lavoro.
Ora lo scenario sta cambiando in maniera netta. Per poter vendere il prodotto basta una comunicazione al Comune, la cosiddetta S.C.I.A.

Le ipotesi che si profilerebbero sono diverse. Proviamo a vederne alcune:
Il bar-tabacchi vicino alla mia rivendita, sita in Milano, vuole vendere giornali. Oggi non può in base al piano comunale che si fonda sempre su dei precisi Indirizzi Regionali. Domani potrebbe, in quanto basterà la sola comunicazione ma…chi gli dà i giornali? Il Bar/tabacchi richiederà quindi il prodotto al nostro distributore il quale potrebbe:
  • fornirlo in quanto c’è la necessita di un punto vendita
  • fornirlo in quanto pur non essendo necessario la rivendita esclusiva è morosa o poco seria o…
  • fornirlo attribuendogli un costo fisso settimanale per il trasporto (sapendo bene che non sarebbe redditizia la consegna potrebbe addebitargli un costo)
  • negargli la fornitura.
Quest’ultimo caso, già verificatosi negli anni in diversi Comuni della Provincia e non solo, hanno comportato in molti casi l’intervento del commerciante in quanto sottoposto ad un regime di monopolio (questa volta vero), del distributore locale. Su che base oggi il distributore potrebbe rifiutare la fornitura ad un bar/tabacchi quando già in precedenza questo “nodo” era già stato anche individuato dallo stesso Antitrust? (vedi Indagine Conoscitiva 35).
Il bar/tabacchi, oggi definito non esclusivo, qualora venisse attivato, avrebbe un trattamento economico sostanzialmente identico al nostro tranne per quello che riguarda la programmazione delle chiusure settimanali ed estive, con il vantaggio di poter vendere e proporre tutto ciò che gli può consentire la sua attività e senza dover sottostare a problemi di metratura come gli esclusivi (70% dello spazio di vendita il prodotto quotidiano periodico e solo il 30% a prodotto di natura diversa - parametri validi per la Regione Lombardia). Si verificherà quindi che la vendita del prodotto editoriale diventerà, per queste strutture, secondaria in quanto il ricavo vero verrà ottenuto dalla vendita di prodotti con marginalità più ampie, mentre l’editoria, pur avendo una sua presenza, sarà poco più di un “lussuoso prodotto civetta”.

Rimanendo invece in piedi il nostro quadro giuridico, le rivendite esclusive potranno dedicare solo il 30% del loro spazio alla vendita di prodotti diversi (i verbali dati a Milano in queste settimane parlano chiaro…), dovremmo mantenere la parità di trattamento tra tutte le testate, non potremmo scegliere il prodotto né il quantitativo e soprattutto continuerebbe a venirci negata la possibilità di scegliere il distributore o aver una forma di approvvigionamento diretto del prodotto.
Non ci sarebbero quindi le basi di una liberalizzazione. Continueremmo ad essere aziende “Amministrate” da altri. E se cadesse il vincolo della parità di trattamento con il D.lgs 170 e relativi indirizzi regionali? Molte edicole, quelle più commerciali, ridurrebbero sempre di più lo spazio dedicato ai quotidiani e periodici perché poco redditizi e troppo “costosi” da gestire, preferendo altre merceologie, perdendo anche però la loro natura specialistica e professionale che ci ha sempre contraddistinto. Le Agenzie se ne risentirebbero in quanto, ricordiamoci, che se noi vendiamo anche loro guadagnano, quindi, se non ci fosse un Accordo Nazionale, potrebbero negare le forniture o porre paletti sulle forniture o modificarne gli aggi o proporre forme di acquisto delle forniture o….mille altre ipotesi. L’unica certezza è che andremmo contro i loro interessi e che l’improvvisa modalità di gestione del prodotto editoriale non gli consentirebbe il sostentamento.
Niente regole di settore vorrebbe dire che ciò che oggi è dato per assodato, domani non lo sarà più. Per noi è normale ricevere i prodotti ed avere assicurati determinati servizi così come sopportare i molti disservizi; ogni rivenditore dovrebbe quindi prendere, finalmente, in mano l’Accordo Nazionale e leggere i diritti e i doveri della rete di vendita, perché potrebbero cambiare molte cose.
Non dimentichiamo poi che i chioschi, posizionati quindi su suolo pubblico, hanno una concessione per operare in quel preciso luogo attraverso un’autorizzazione Comunale per la vendita di quotidiani e periodici basata quindi sulle citate norme….e se queste non fossero più in vigore, potremo ancora continuare ad operare in quel punto? Negli anni si sono verificate alcune compravendite di edicole da parte di cittadini che avevano intenzione di vendere, attraverso il chiosco acquistato, prodotti non editoriali…il risultato è stato chiaramente l’intervento deciso da parte degli uffici del Comune per limitare ed eliminare il fenomeno.

Molte sono le domande e gli scenari che si stanno configurando e, come avete avuto modo di leggere, sono tali e tante le variabili in atto che prevedere ciò che è meglio o peggio è veramente molto complesso.
Se, in mancanza di regole, per esempio gli editori abbassassero o alzassero le percentuali di sconto sulla base del fatturato dell’edicola e sulle capacità commerciali del punto vendita…la categoria saprebbe rispondere o avremo la moltitudine di opinioni a cui abbiamo dovuto assistere a dicembre?
Oggi l’errore maggiore che l’edicolante può fare è banalizzare ed essere troppo superficiale su quello che sta accadendo.

Sicuramente il nostro è un lavoro vecchio, con regole vecchie, con una distribuzione vecchia che ha logiche vecchie e deve affrontare un mercato che invece è sempre più giovane e veloce. Deve cambiare il nostro settore ma ricordiamoci che forze più imponenti delle nostre sono sempre al lavoro per guadagnare sulle nostre attività e per continuare ad AMMINISTRARCI.

Per questo, quando ci sarà un nuovo invito alla protesta, l’edicolante, per non sbagliare, dovrà semplicemente fare il proprio dovere.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono un'edicolante della provincia di Milano.
Premesso che avrei fatto un solo giorno di sciopero e non i tre previsti sia per motivi organizzativi (gestire 3 giorni di invii arretrati) sia economici (tre giorni di incasso persi, di questi tempi, non sono poca cosa) vorrei evidenziare alcuni aspetti:

Se , da un lato, è vero che il nostro settore non è stato ancora liberalizzato, dall'altro ho riscontrato personalmente che TUTTE le catene della GDO più importanti (tralasciamo i discount) hanno giornali e periodici (e non la "fuffa"); inoltre il prodotto editoriale è IN CALO COSTANTE e dubito fortemente che ci saranno inversioni di tendenza viste le nuove tecnologie. In più trovo difficile che, se un edicolante fa bene il proprio lavoro, qualche altra attività si metta a vendere un prodotto poco redditizio e complesso da gestire quindi non spaventiamoci di fronte alla liberalizzazione ma chiediamo piuttosto qualcosa in cambio. Ai benziani vogliono dare giornali, alimentari e tabacchi? Diano anche a noi i tabacchi e, che so io, i gratta e vinci o il Super Enalotto che occupano poco spazio e si adattano bene anche ai chioschi.
Con le liberalizzazioni saremo noi a gestire i nostri spazi e non gli editori, col risultato che i prodotti validi continueranno a esse venduti mentre la "fuffa" farà finalmente la fine che si merita: IL MACERO.
Con la liberalizzazione avremo diritto al sacrostanto e costituzionalmente garantito RIPOSO SETTIMANALE, SENZA REGOLE SUGLI ORARI. E SAREMO LIBERI DI ESSERE IMPRENDITORI, PERCHE' CHE SA FAR BENE IL SUO LAVORO NON TEME LIBERALIZZAZIONI.

Paolo Locatelli
Edicolante di Cusago (Mi)

snagservizi@gmail.com ha detto...

Ok ti seguo, ma stai immaginando una liberalizzazione totale dove non hai nemmeno tu vincoli. Quindi il tabaccaio vicino a te potrebbe vendere giornali e tu vendere tabacchi. Lui non deve mantenere parità di trattamento e nemmeno tu. Tu scegli e anche lui....Ti dichiari quindi pronto ad affrontare il mercato, e potrei essere con te. però oggi non è così. Tu hai le regole lui ne è quasi totalmete svincolato. Lui può fare una SCIA e il tuo Comune...su che basi la rifiuterebbe? prima c'era uno strumento, imperfetto ma è stato un grande filtro in questi anni. Proprio il tuo DL, il cui profilo imprenditoriale è ben noto, ha attivato, perchè lo prevedeva il piano comunale una cartoleria come non esclusiva vicino ad un' edicola( non necessaria te lo assicuro) e a dicembre un BENNET ed un NON ESCLUSIVO sempre all'interno del BENNET che probabilmente non avrà vita lunga. Oggi i DL sanno che riescono a mangiare e fare cassa sopra questa gente e basta una SCIA....e uno può aprire se il DL non segue particolari logiche.
Liberalizzazioni per tutti ha un senso altrimenti è una ghigliottina.
ciao

Anonimo ha detto...

Condivido.Non ci sono liberalizzazioni in atto. Vi sono amministrazioni e distributori che fanno scelte molto opinabili in materia di esclusivi e non. Il dramma che stiamo vivendo è che tutti potrebbero fare il nostro lavoro, ma noi non potremo fare il loro. Parlo di Scia. Sulla base delle regole vigenti tu non puoi inoltrare nessuna Scia. Allora io chiedo a chi dice <>, perchè non posso?Perchè il vigile viene nella mia rivendita e mi rifila 5400 euro di multa dicendo che io non posso vendere quello che voglio e come voglio? E come posso non spaventarmi di 20-30 mila ulteriori edicolanti? Spieghino anche a noi come funziona il giro del fumo.