13 dicembre 2012

Edicola carta e web

 Carlo Monguzzi, componente di Giunta dello S.N.A.G. Nazionale, apre la discussione su un tema fondamentale  e che in moltissimi, non si sa perchè, stanno facendo finta che addririttura non esista o che sia di secondo piano rispetto al disguido giornaliero.

"Ci hanno messi sul lastrico e ci stanno conducendo all'estinzione.  E forse ci riusciranno. Non lo so. Ma una cosa è certa: gran parte degli editori esistenti andrebbero rottamati per dilettantismo e falso in Accordo Nazionale, alcuni Distributori dovrebbero fare corsi di marketing aziendale.



Infine alcuni sindacati dovrebbero togliersi di dosso un po’ di vecchiume e di idee superate, parlando un po’ più in edicolese e meno in sindacalese. L’abilità del "colpo al cerchio e uno alla botte" ha fatto i suoi bei danni, pertanto bravi fino a ieri, ma oggi stiano a casa.
E mi fermo -con fatica, non lo nego - perché lo spirito di questo incontro è di tutt'altro taglio.
Noi non sappiamo cosa accadrà negli anni a venire, ma possiamo supporre con buona approssimazione, che la carta stampata subirà un uso ed un consumo notevolmente inferiore a quello odierno.
Non solo non conosciamo i tempi, ma soprattutto i modi con cui ciò avverrà, ma la trasformazione in atto ci induce a pensare, che per noi, non sarà un passaggio indolore. L'informazione, la lettura e l'intrattenimento multimediale si stanno influenzando reciprocamente, attraverso mezzi e strumenti che non hanno più confini.
Di conseguenza dobbiamo prendere atto, che lo strumento cartaceo, inteso come stampato o giornale, perde della propria peculiarità. Cioè di quella rapidità, particolarmente consacrata dalle notizie del giornale quotidiano, a vantaggio del nuovo mondo del web.2 o del prossimo web.3 .
Come vedete ogni giorno ci sono parole nuove, che ai più possono apparire incomprensibili, ma che esprimono invece contenuti smisurati e soprattutto inestimabili.
E noi siamo in edicola, in un chiosco a volte di dimensioni fiabesche con carta e penna.
Pertanto il prodotto cartaceo, quotidiano o periodico che sia, non ha più l'esclusiva della notizia, ma deve condividerla con nuovi mezzi, utilizzati da milioni di vecchi e nuovi soggetti, che attraverso la cosiddetta rete e in particolare con i social network, Facebook e Twitter, ne discutono in tempo reale.
Questo discuterne, scrivendosi o postandosi foto o discorsi, avviene senza muoversi dalla posizione in cui essi si trovano.  Metropolitana, treno, aereo, nave... Adesso in questo momento e in questa sala con un semplice strumento telefonico o un tablet.
Perciò non più correre verso la notizia, ma la notizia che ti raggiunge in tempo reale e ti permette di interagire con essa e con tutto il mondo che la circonda e che a sua volta interagisce con te.

Alzare il clear al mattino alle 4,30 ha ancora senso?
Pertanto il giornale non ha più quella funzione per cui è nato, che ci permetteva poi di socializzare attraverso le notizie che leggevamo, ma diviene solo un acquisto tradizionale, come si dice una consuetudine (immortale è la frase di alcuni clienti "l'ho comprato ma non l'ho neanche aperto ") oppure diviene uno strumento di approfondimento culturale.
Ho seguito da vicino - chiaramente on-line - il Convegno di Firenze, dal tema " La nuova era del giornalismo", (The New Age of Journalism) che si è svolto a Palazzo Vecchio il 27 Ottobre scorso. Marco Pratellesi, giornalista molto attento alle tematiche del proprio settore, ha esposto temi molto interessanti che coinvolgono molto da vicino anche il nostro settore e il tema della carta come mezzo d'informazione.
Un Pratellesi a cui non voglio rubare la scena, ma che dice cose che molti di noi scrivono.
Anch'io credo che si debba ammettere la conclusione di una periodo. Cioè quello del tradizionale mestiere del rivenditore di quotidiani e periodici. L'edicolante.

Di conseguenza viene messa in discussione la crisi sostanziale di quel modello di businnes importato dall'America nei primi del '900 (detto Penny Press) più che celebrato e redditizio, che considerava al centro del sistema il rapporto: editore-lettore-pubblicità.
Nel primo semestre 2012 i quotidiani americani hanno perso 798 milioni di dollari di pubblicità rispetto allo stesso semestre del 2011. Nello stesso periodo sul digitale hanno guadagnato 32 milioni di dollari in più.
I giornali sul digitale guadagnano un dollaro di pubblicità per ogni 25 dollari persi sulla carta.  I conti, evidentemente, non tornano.
I giornali stanno precipitando: secondo le previsioni del Center for the Digital Future (Centro di ricerca americano) se la diffusione dei quotidiani su carta continuerà sui trend attuali alla maggior parte delle testate stampate americane restano pochi anni di vita.
Riusciranno a sopravvivere i punti estremi della scala dei media: i quotidiani più grandi e quelli più piccoli.
La crisi ha mietuto vittime illustri: Newsweek ha annunciato che dopo 80 anni stamperà la sua ultima edizione il 31 dicembre di quest'anno. Dal 2013 il prestigioso magazine americano sarà solo digitale, consultabile a pagamento sul web e sui tablet.

Il calo della pubblicità ha reso i costi di stampa e distribuzione non più sostenibili.

In Italia, nel 2000 le vendite medie giornaliere dei quotidiani superavano i 6 milioni di copie. Nel 2011 sono scese a 4,5 milioni con una perdita di circa il 26%. Il trend sembra inarrestabile: secondo le proiezioni della Fieg, nel primo trimestre 2012 le copie giornaliere sono scese sotto la barriera psicologica dei 4 milioni, attestandosi intorno ai 3,8 milioni con un'ulteriore flessione di circa il 5% rispetto allo stesso periodo del 2011.
Ma come Pratellesi, anche noi dovremmo chiederci: l'invenzione del web è compatibile con la stampa?
“Non credo sia in discussione la sopravvivenza dell'informazione. Ad essere in discussione sono le forme e i supporti con cui questa viaggerà nei prossimi anni” e – aggiungo - qui, oggi e nei giorni a venire, l'esistenza o meno del lavoro dell'edicolante e chiaramente di tutta l'organizzazione distributiva.
Ma anch'io, come altri, sono convinto che prima di essere un problema economico, la crisi di questo settore è un problema di cultura.
Per questo sono favorevole non al finanziamento pubblico dei giornali, ma al finanziamento della cultura. Che sono cose ben diverse.  In edicola un buon prodotto può fare la differenza.
Editori e i distributori devono capire che niente è più come prima e che le logiche "io ti invio e tu mi paghi a 7 giorni" non possono più essere sostenute.
Ci vogliono giornali più brevi, più selettivi, più pensati. Sono troppo pesanti da leggere e da trasportare. Vendiamo a prezzi irrisori e regaliamo chili di carta di cui la gente non se ne fa nulla.
Dopo anni di sperimentazione sul web, cellulari, tablet e social media si sono aperte nuove opportunità per l'informazione, che ci costringono ad innovarci e a trasformarci.
Due anni fa in America circolavano 13 milioni di tablet: oggi sono 70 milioni. Secondo le previsioni  entro il 2016 nel mondo saranno 665 milioni.
Ma nonostante tanti proclami, nessuno ha trovato un modello efficace per sostituire le entrate della carta con il digitale.
A questo punto dovremmo chiederci: esiste un modello economico alternativo? In un mondo che cambia così velocemente, l'unico modello possibile potrebbe essere la flessibilità: la capacità di inventarsi di volta in volta il modello più adatto alle trasformazioni in atto. Con un unico punto fermo: dobbiamo ripartire dal lettore."

E noi, edicolanti, continueremo a vendere la stampa quotidiana e periodica?

Credo di si, ma i nostri fatturati, i fatturati delle edicole si ridurranno notevolmente e i nostri punti vendita subiranno la medesima conseguenza. Inutile che vi racconti quel che non penso. Il 2013 ci vedrà in trincea.
Gli editori, incapaci di mettere in campo un progetto, sono destinati a rimodellarsi oppure spariranno anche loro. E i distributori nazionali e locali, se non si fonderanno fra loro dando vita a delle grosse concentrazioni commerciali sono destinati ad un continuo assorbirsi l'un l'altro, fino a ridursi a poche unità, con costi distributivi e di sostentamento insopportabili.
Editori e distributori se vogliono sopravvivere, devono, con l'aiuto dei rivenditori, creare rete. La rete, il marchio.
Quel qualcosa che distingua il punto vendita e lo identifichi per quello che commercializza e che vada oltre la stampa quotidiana e periodica.  Ci si deve reinventare non solo il settore stampa, ma anche il resto. E soprattutto crederci davvero. Non farlo per sbarcare il lunario, ma vederlo come business di settore.
Così facendo editori e distributori potranno avere ancora un ruolo e i giornali avranno ancora senso ad essere commercializzati nel canale attuale.
Ma ci si deve decidere oppure recidere questo cordone ombelicale che sta danneggiando la rete.
Ma io mi chiedo, perché distruggere un intero settore senza provare a prenderselo in carico e a farlo funzionare come si deve attraverso un progetto mirato?
Veramente editori e distributori credono che la crisi del punto vendita non si ripercuoterà in maniera tale da compromettere anche la loro esistenza? Mi sembra una visione un po' miope di una cancrena evidente.

Chiaramente parlo di investimenti editoriali sul punto vendita, di ammortizzare i costi a breve termine, di rottamare le chiusure, di ampliare la possibilità di commercializzare altri prodotti. Di intervenire sulla tassazione verso il governo. Per chi ha dei chioschi di ottenere maggiori spazi, minori costi dei plateatici. Una legge regionale che consideri le edicole come centri della cultura e come tali preservandone in modo intelligente l'esistenza.
E voi direte, chi si prende la briga di fare tutto ciò, rappresentando ai nostri interlocutori le nostre esigenze di rivenditori, di questo nuovo settore che deve nascere? E i tempi?
Il soggetto che deve interloquire è il sindacato e i tempi sono subito. Adesso!
Voi, noi, insieme, dobbiamo designare qualcuno, che abbia la forza di suscitare e trasmettere interesse e sappia trasformare le parole, in fatti concreti. Un progetto che parli di futuro.
Cinque o sei sindacati che si fronteggiano continuamente e che -vedesi abbonamenti in edicola- si esprimono individualmente: non - va - bene!
E non voglio che sia la firma di qualche avventato a segnare il mio destino e quello di 30.000 edicolanti. Non si può più viaggiare a vista, dove quattro tessere, parlano per le restanti 29.996.
Le regole vanno cambiate e chi non ci sta deve fare un passo indietro.
Se le primarie vanno bene per i partiti, perché anche noi non possiamo unificarci e scegliere un solo rappresentante, coadiuvato da un gruppo? Votato da tutti: associati o meno. Perchè non è una tessera che fa o non fa l'edicolante.
Rinnovarsi vuol dire anche questo: sapersi mettere in gioco. Ma soprattutto fare squadra.

                                                                                Giunta  S.N.A.G. Nazionale
                                                                                           Carlo Monguzzi 

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