Parità di trattamento e libertà di stampa. Su questi nobili principi si è costruito dall’immediato dopo guerra ad oggi tutto l’impianto normativo, logistico e commerciale della rete di vendita italiana. Può quindi sembrare strano che quella che può apparire esteriormente come un’attività forse anche semplice e banale, in realtà sia solo la ridente facciata di ciò che rappresenta un baluardo per la libertà di stampa e di espressione per tutti i cittadini italiani.
Si sorprenderà quindi il lettore nell’apprendere che le edicole sul territorio nazionale non possono decidere né prezzi di vendita e di acquisto, nè tantomeno i quantitativi o termini di pagamento o il fornitore o qualsiasi altro principio commerciale ed imprenditoriale previsto per le comuni attività.
La rete di vendita italiana è un tesoro per il cittadino. Unica in Europa per le sue caratteristiche e per la grande impronta sociale che riesce ad imprimere al settore. Liberalizzare cosa vorrebbe dire? Diventare in futuro commercianti ed imprenditori. Non un male per la rete di vendita, se impostata sul fatto che anche le rivendite sarebbero libere dai gioghi normativi ora in vigore, ma il crollo dei citati nobili principi ora in favore del cittadino. L’edicolante potrà proporre e spingere il prodotto sulla base delle richieste di mercato invece oggi deve porre in vendita sia il prodotto con grandi risultati di vendita come anche la rivista di nicchia, il piccolo quotidiano di partito e il prodotto ridistribuito di cinque anni prima, se in regola con le normative vigenti , risalenti appunto al 1948…
La Grande distribuzione o i non esclusivi hanno solo una minima parte del panorama editoriale presente in commercio. La GDO in particolare ha poche centinaia di titoli solo riconducibili a grandi gruppi editoriali. La rete di vendita italiana propone invece, con il proprio quotidiano sacrificio,la totalità del panorama editoriale presente sull’area distributiva di riferimento, in base ad invii imposti da un distributore locale per poi risalire nella filiera fino all’Editore. Da anni chiediamo una “legge sull’editoria” che tenga conto delle discrasie di sistema e riscopra non solo la rete di vendita ma anche rigeneri i processi editoriali e distributivi. La sperimentazione, che ha allargato la platea degli esercizi commerciali dando la possibilità anche ad altri di vendere quotidiani e periodici, ha prodotto risultati di vendita non in linea con le aspettative (+1,7%), creando però un sottolivello per la vendita del prodotto con caratteristiche commerciali molto peggiorative nei confronti non della rete di vendita esclusiva, bensì del cittadino.
Liberalizzazione quindi dei processi editoriali non vuol dire agevolare l’accesso al mercato di più soggetti, ma affondare un sistema nato con uno scopo e cresciuto su delicati equilibri in favore del consumatore/cittadino ed in conformità a principi istituzionali di altro profilo. Se si deve affrontare il problema, le edicole italiane hanno bisogno del sostegno del Governo per “rifondare” un sistema che tenga quindi in considerazione le finalità dei processi editoriali in favore del consumatore e della rete di vendita che per decenni è stata dedicata a questo scopo.
Gli ultimi anni, caratterizzati dall’esplosione della crisi editoriale, hanno visto però l’immobilismo da parte della controparte editoriale, F.I.E.G. in particolare, che ha preferito una gestione flaccida delle criticità emerse al fine di impantanarle piuttosto che sostenere un mondo che, nonostante le difficoltà rappresenta la parte più pura, produttiva e finanziariamente sana della filiera editoriale in quanto per potersi sostenere è costretta a pagamenti settimanali, obbligandosi ad esporsi con onerose fideiussioni solo per poter lavorare.
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